OSSERVATORIO ARTE FIERA

Gian Luca Farinelli
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Gian Luca Farinelli è direttore della Fondazione Cineteca di Bologna dal 2000. Nel 1986 ha ideato il festival 'Il Cinema Ritrovato', e nel 1992 ha promosso l’apertura del laboratorio di restauro 'L’Immagine Ritrovata'. Ha sovrinteso centinaia di progetti di restauro e ha ricoperto un ruolo di rilievo nella creazione della Association des Cinémathèques Européennes. Nel 2014 ha ricevuto il prestigioso Silver Medallion, attribuito dal Festival di Telluride per l’impegno nel campo della conservazione e della promozione del patrimonio cinematografico.

Siamo in attesa di leggere il nuovo DPCM, che dopo aver chiuso teatri e cinema sembra chiuderà anche i musei e le mostre. Quindi ho voglia di parlare di una mostra, per me straordinaria, che ha riportato a Bologna il Polittico Griffoni.

La mostra, ad opera di Genus Bononiae, il progetto museale presieduto da Fabio Roversi Monaco, curata da Mauro Natale in collaborazione con Cecilia Cavalca, doveva aprire a fine febbraio, ma la pandemia l'ha bloccata; ha aperto a fine maggio e tutti temiamo che debba presto richiudere. È una mostra da vedere, per molti motivi. In primo luogo per la storia: un’opera considerata da Vasari come una delle più significative del Rinascimento italiano, smembrata nel 1725 per volontà del nuovo proprietario, Monsignore Pompeo Aldrovandi, che fece ridurre i pannelli dipinti a dei quadri. Le tavole approdarono poi sul mercato antiquario, giungendo infine nei nove Musei internazionali che oggi ne sono i proprietari. Quindi un’opera dimenticata, anzi considerata tre secoli dopo il suo concepimento come vecchia, superata che il genio di Roberto Longhi, di questo stupefacente storico dell’arte (tra i suoi tanti meriti vi è anche quello di avere formato lo sguardo di Pier Paolo Pasolini) che, negli anni Trenta, in un’epoca nella quale non c’era a disposizione il web, le fotografie erano solo in bianco e nero – ebbe la capacità di intuire che le varie opere facevano parte di un unico polittico, anzi, del Polittico Griffoni. Intuizione che, a distanza di quasi novant’anni, viene pressoché integralmente confermata dagli studiosi e dalle carte che oggi abbiamo a disposizione.

La mostra è esemplare perché ci consente di godere appieno di questo temporaneo ritrovamento e di andare molto in profondità sull’arte a Bologna nel ‘400. L'opera, realizzata, intorno al 1470-1472, dal ferrarese Francesco del Cossa e dal più giovane Ercole de’ Roberti è un’opera di folgorante bellezza ed eleganza. In particolare la predella, che contiene anche una citazione del Compianto di Niccolò dell’Arca e che, più che raccontare i miracoli di San Vincenzo Ferrer, a cui la pala d'altare è dedicata, mette in rilievo la straordinaria visionarietà di questi due giovani pittori. Liliana Cavani che ho accompagnato in mostra e che è stata allieva di Roberto Longhi, quando si è trovata di fronte alla predella ha esclamato “Ma questo è Vogue Rinascimento!” perché c’è un tale sfarzo di cappelli, di giubbe, di colori, di eleganza, di sguardi tra i sessi e tra i vari protagonisti che è impossibile non sentire vibrare la sensibilità di un'epoca, la vitalità del secondo ‘400. Una vera esperienza sensoriale e culturale. Un viaggio che spero sarà ancora possibile compiere, nonostante il lockdown. 


Ricostruzione del Polittico Griffoni di Francesco del Cossa e Ercole de’ Roberti (da Cecilia Cavalca, La pala d’altare a Bologna nel Rinascimento. Opere, artisti e città. 1450-1500, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale 2013, p. 266. Per gentile concessione di Cecilia Cavalca e Silvana Editoriale Spa)
 


Polittico Griffoni: particolare della predella