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Numerose sono le mostre che negli ultimi decenni hanno indagato la figura e l’opera di Umberto Boccioni. Poche, tuttavia, sono quelle che hanno ripercorso con rigore scientifico la fase giovanile e formativa dell’artista calabrese, in cui lo studio del passato si lega alla volontà irrefrenabile di conoscere il presente e di sperimentare il futuro. A questo periodo – ricco di suggestioni – è dedicata la mostra Il giovane Boccioni, con la quale Galleria Bottegantica inaugura la stagione espositiva 2021. Curata dalla storica dell’arte Virginia Baradel, tra i più accreditati studiosi di Boccioni prefuturista, la rassegna propone una accurata selezione di opere eseguite da Boccioni tra il 1901 e il 1909. Anni nei quali il pittore, allora ventenne, rafforza la sua vocazione artistica attraverso esperienze di studio condotte a Roma, Padova, Venezia e Milano, intervallate dall’importante soggiorno parigino del 1906 e dal successivo viaggio in Russia. L’influenza delle diverse correnti figurative europee e l’interesse per la tradizione classica e rinascimentale, affiorano ripetutamente nelle opere del periodo e trovano, soprattutto nella produzione grafica, un valido laboratorio di analisi sperimentale, di invenzione e di verifica stilistica che Boccioni conduce in parallelo rispetto alla pittura. Proprio al lavoro su carta la mostra dedica particolare interesse attraverso una selezione di disegni che coprono gli anni dell’apprendistato del giovane Boccioni. A un primo nucleo di opere – di forte impronta scolastica – risalente al periodo in cui fu allievo di Giacomo Balla e frequentò le scuole di disegno pittorico e di nudo a Roma, se ne affianca un altro – più copioso e diversificato – riconducibile agli anni immediatamente successivi, nei quali il tratto acquista sicurezza nel restituirci precise visioni architettoniche, ritratti curiosi – alcuni dei quali rasentano la caricatura – e figure umane di estrema sintesi formale. Anche le copie da museo appartengono a questo periodo di apprendistato. Altro aspetto su cui la mostra focalizza l’attenzione riguarda le tempere commerciali che Boccioni dipinge in questi anni per ragioni perlopiù economiche. La foga di apprendere e di affinare le proprie capacità artistiche caratterizza anche il periodo veneziano dell’artista, durante il quale sperimenta – sotto la guida del pittore Alessandro Zezzos – la tecnica incisoria, i cui esiti, davvero interessanti, sono ben documentati nella rassegna milanese. Il percorso espositivo della mostra si conclude – come del resto quello formativo dell’artista – con il trasferimento di Boccioni a Milano, nel settembre del 1907. L’interesse per le opere di Giovanni Segantini, Carlo Fornara e di Gaetano Previati – ammirate pochi mesi prima alla Biennale di Venezia, orientano il giovane verso la ricerca di uno stile capace di conciliare la modernità positivista con l’idealità nell’ambito dell’illustrazione e della cartellonistica. La coeva produzione pittorica trova espressione in piccole vedute di paesaggi lombardi che dimostrano tuttavia un superamento della trama impressionista ancora presente nelle tele di periodo veneziano. Nel versante del ritratto, dove il pennello diventa febbrile nella sua urgenza di restituire sulla tela la singolarità di un volto, di una espressione o di un carattere. In mostra questi temi sono testimoniati da opere di pregio, come Paesaggio lombardo e La madre malata del 1908. Altre documentano invece la parentesi simbolista del 1908-1910, che trova ne Il lutto il suo esito più straziante e esoterico. Altrettanto interessanti sono i bozzetti per il manifesto dell’Esposizione di pittura e scultura promossa dalla Famiglia Artistica a Brunate (maggio-giugno 1909): sintesi perfetta delle diverse cifre stilistiche fin qui acquisite da Boccioni, dal divisionismo, alla pennellata larga e sintetica di matrice postimpressionista, agli echi del modernismo. Accompagna la mostra un importante catalogo, edito da Bottegantica edizioni, con contributi di Virginia Baradel, Ester Coen e Niccolò D’Agati, regesto dei disegni e delle grafiche a cura di Niccolò D’Agati.

In recent decades, several exhibitions have explored the figure and work of Umberto Boccioni. Few, however, have examined with scientific rigour the youthful and formative phase of the Calabrian artist, in which the study of the past is linked to an irrepressible desire to know the present and experiment with the future. The exhibition Il giovane Boccioni (The Young Boccioni), with which Galleria Bottegantica inaugurates the 2021 exhibition season, is dedicated to this richly evocative period. Curated by art historian Virginia Baradel, one of the most accredited scholars of Boccioni's pre-futurist work, the exhibition offers a careful selection of works executed by Boccioni between 1901 and 1909. These were the years in which the painter, then in his twenties, strengthened his artistic vocation through periods of study in Rome, Padua, Venice and Milan, interspersed with an important stay in Paris in 1906 and his subsequent trip to Russia.The influence of the various European figurative currents as well as his interest in the classical and Renaissance traditions repeatedly emerged in the works of the period and found, above all in his graphic production, an ideal laboratory for experimental analysis, invention and stylistic verification. This Boccioni conducted in parallel with his painting. The exhibition devotes particular attention to his work on paper through a selection of drawings that cover the years of the young Boccioni's apprenticeship. A first nucleus of works - with a strong scholastic imprint - date back to when he was a pupil of Giacomo Balla and attended the schools of pictorial drawing and life drawing in Rome. These works are accompanied by more - greater in number and diversification - that date back to the years immediately afterwards. Here we see the lines acquire confidence in rendering precise architectural visions, curious portraits - some of which verge on caricature - and human figures of extreme formal synthesis. The museum copies also belong to this apprenticeship period. Another facet of the exhibition focuses is the commercial tempera paintings that Boccioni painted in these same years, mostly for economic reasons. The eagerness to learn and refine his artistic skills also characterised the artist's Venetian period, during which he experimented engraving - under the guidance of the painter Alessandro Zezzos. The results of his time in Venice are well documented in the Milan exhibition. The exhibition concludes - as did the artist's training - with Boccioni's move to Milan in September 1907. Boccioni's interest in the works of Giovanni Segantini, Carlo Fornara and Gaetano Previati - which he admired a few months earlier at the Venice Biennale - led him to search for a style capable of reconciling positivist modernity with ideality in the field of illustration and posters. His contemporary pictorial production found expression in small views of Lombard landscapes, which nonetheless show an overcoming of the Impressionist texture still present in the paintings of the Venetian period. In his portraits of this period, the brush becomes feverish in its urgency to restore on canvas the singularity of a face, an expression or a character. In the exhibition, these themes are well represented by fine works such as Paesaggio lombardo (Lombardy landscape) and La madre malata (The sick mother) of 1908. Other artworks document the Symbolist interlude of 1908-1910, whose most harrowing and esoteric outcome is seen in a work entitled Mourning. Equally interesting are the sketches for the poster of the Painting and Sculpture Exhibition promoted by the Famiglia Artistica in Brunate (May-June 1909): a perfect synthesis of Boccioni's various stylistic traits, from Divisionism to the broad, synthetic brushstrokes of the Post-Impressionist matrix and echoes of Modernism. The exhibition is accompanied by a handsome catalogue, published by Bottegantica Edizioni, with contributions by Virginia Baradel, Ester Coen and Niccolò D'Agati, and a complete list of the drawings and graphic works curated by Niccolò D'Agati.


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