OSSERVATORIO ARTE FIERA

Flavio Favelli
photo

Flavio Favelli è uno degli artisti italiani più significativi della sua generazione. Ha partecipato alla 50° e alla 55° Biennale di Venezia. L’edizione 2019 di Arte Fiera ospita “Hic et Nunc”, uno spazio da lui creato al Centro Servizi come una sorta di sala museo, dedicato a tutto il pubblico.

 

La Fontana di Quinto Ghermandi

Forse, dopo il Terzo Paesaggio teorizzato da Gilles Clément, si potrebbe ipotizzare un’altra meta-zona, una Quarta Veduta. La Quarta Veduta sarebbe un luogo artificiale dimenticato del suo significato, tralasciato, non più notato anche se ancora presente e integro. Non ho altri termini per chiamare così l’opera non abbandonata, ma credo inosservata – il contesto è proprio decisivo – della Fontana di Quinto Ghermandi che è davanti al padiglione delle Nuove Patologie del Policlinico Sant’Orsola, fuori Porta San Vitale.

Il complesso di bronzo è molto interessante perché riprende la grande tradizione delle fontane, oggi praticamente scomparsa. Le due vasche in cemento, dentro una grande aiuola,  accolgono due gruppi in bronzo che hanno a che fare, con qualche distanza, con piante e steli vegetali. Due caspi di foglie enormi, quasi prestoriche, che ricordano la Gunnera e i padiglioni auricolari degli elefanti, sono viscidi e bagnati dall’acqua che zampilla, insieme a certe canne un po’ midollino un po’ d’organo che ci dicono di una Natura moderna, pensata e immaginata e che in quel tempo il verde era solo un colore. Pali, tubi e dischi, quasi piatti di design, sono lontani dalla Natura e dal Naturale, sono simboli del lavoro dell’uomo che intravede, nonostante minacce e cieli plumbei, il progresso. L’invaso grigio di calcestruzzo forma più una pozza d’industria che una vasca coi pesci rossi di un giardino all’italiana. I ciuffi di papiro danno una sensazione di caldo, di esotico.

C’è qualcosa di assoluto, da epoca post atomica, in questa Fontana di cemento nudo con corpi freddi e forme ombrose. Attorno alla grande aiuola passeggiano i malati, passano i parenti e, a marcia ridotta, vanno e vengono le ambulanze. Una grande attrazione, che forse Ghermandi non aveva previsto, sono le decine di tartarughe, che rafforzano un’idea di preistoria e di un superfuturo: i rettili – i film e i libri ci hanno abituato così – sono quelli che c’erano e che rimarranno un domani.

Chissà se l’autore abbia progettato l’opera tenendo conto del contesto, dell’ospedale o proprio del padiglione delle Nuove Patologie, ma il quadro complessivo, a vedere bene, è di grande intensità. Due anni e mezzo fa è stata ricoverata mia madre proprio in quel padiglione e, nonostante tutto, davanti alla Fontana ho provato un senso di conforto. La Fontana era lì, immobile, a sfidare il tempo e a testimoniare che l’Arte è diversa dalla Terra, dalla Natura e dalle sue leggi inique, severe ed eterne.

È lì a dirci che l’Arte è finzione, è concetto e utopia. È artificio, astrazione e sfida. 

Grande fontana davanti al padiglione Nuove Patologie dell'Ospedale Sant'Orsola di Bologna
Scultore: Quinto Ghermandi