Vivo e lavoro a Venezia ormai da più di trent'anni. Dal 1999 ho iniziato a curare alcune mostre alla Fondazione Querini Stampalia che via via sono diventate parte integrante di una programmazione di arte contemporanea per la fondazione a partire dal 2001. Tale programma è stato chiamato “Conservare il futuro”.
Per me la cura dell’arte è un modo per partecipare al processo di creazione dell’opera insieme all'artista, sperando ogni volta di offrire a quest’ultimo le condizioni e gli stimoli per ideare un nuovo lavoro. Sono inoltre convinta di quanto l'incredibile ricchezza artistica italiana possa diventare "materia" di confronto per un artista contemporaneo che nel disegnare il presente tenga conto della memoria.
Bologna nella mia storia curatoriale ha sempre significato molto. Oltre agli appuntamenti familiari e rituali con la Fiera, in quella città è infatti nato il Premio Furla e così per quindici anni l’ho frequentata regolarmente per confrontarmi con Giovanna Furlanetto. Nella Chiesa di Santa Maria della Vita, poi, ci sono quelle sette sculture di terracotta del Compianto sul Cristo morto di Nicolò dell’Arca che sono per me una visita obbligata. La potenza visiva dell’urlo della Maddalena riesce a stupirmi ogni volta. E che dire della lezione silenziosa di Giorgio Morandi? Non posso mai dimenticarla e anche lui è diventato quasi un pellegrinaggio, un’esperienza sempre nuova, tra dettagli, sfumature, ritmi ed equilibri. Ancora ricordo il dialogo straordinario con Spalletti… e la lezione di Ghirri? Alla Fondazione Querini abbiamo dedicato a questo artista e al suo paesaggio un “Fondo” e, grazie a Roberto Lombardi, abbiamo aperto un percorso di ricerche e di attraversamenti visivi tra la sua opera e i linguaggi contemporanei. Abbiamo iniziato con Yona Friedman, poi con Paolo Icaro; i prossimi riferimenti saranno Giuseppe Caccavale e Andrea Zanzotto.
L’ultima edizione della Fiera è stata piena di tante sorprese: la qualità delle mostre del progetto Art City e la professionalità dei giovani curatori mi hanno dato davvero molta energia. Importante la visita eloquente che ci ha regalato Davide Ferri alla mostra Le realtà ordinarie curata a Palazzo dè Toschi (12 artisti pittori: Helene Appel, Riccardo Baruzzi, Luca Bertolo, Andrew Grassie, Clive Hodgson, Maria Morganti, Carol Rhodes, Salvo, Michele Tocca, Patricia Treib, Phoebe Unwin, Rezi van Lankveld);
ma anche l’installazione Vestimenti di Sissi allestita nei sotterranei di Palazzo Bentivoglio e curata da Antonio Grulli, che ha restituito quella vitalità della sua opera che la giuria Furla aveva riconosciuto assegnandole il premio nel 2002. Ma la mostra che, da un punto di vista curatoriale, mi ha sorpreso di più è senz’altro Filigrana a Palazzo Vizzani con Stefano Arienti, Pierpaolo Campanini e Maurizio Mercuri a cura di Fulvio Chimento. Perché non è facile evitare che le opere contemporanee, inserite in uno spazio antico, non si trasformino subito in soprammobili o decorazioni parietali... È sul confine tra passato e presente che ho immaginato tutto il mio progetto alla Fondazione Querini Stampalia. So anche quanto il rapporto tra antico e contemporaneo sia complesso e pieno di insidie e come sia difficile trovare quel punto di equilibrio tra tempi e opere… In quella mostra l’ho trovato continuamente: c’era tra gli ambienti di quel luogo, pieno di segni e di fascino, e le opere quasi invisibili del presente, potenti perché in tensione con lo spazio.
Varcare quel confine significa sempre per tutti – curatori, artisti, pubblico – la possibilità di intravedere un orizzonte più ampio e di aprire possibilità relazionali e creative d’incredibile ricchezza. Le cose continuano ad avere voce se sappiamo interrogarle e non parlano solo di passato o di memoria ma anche di presente e di futuro.