OSSERVATORIO ARTE FIERA

Andrea Viliani
photo

Andrea Viliani è dal 2013 Direttore della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee / Madre di Napoli. Nel 2010-12 è stato fra i sei Agents/Core-Group di dOCUMENTA(13); dal 2009 al 2012 è stato Direttore della Fondazione Galleria Civica-Centro di Ricerca sulla Contemporaneità di Trento e dal 2005 al 2009 Curatore presso il MAMbo-Museo d'Arte Moderna di Bologna.
Per Arte Fiera 2019 è stato membro della Giuria del Premio Arte e Progetto, Jacobacci & Partners, assegnato all’opera Untitled, 2018, dell’artista Bernd Ribbeck, rappresentato dalla galleria Norma Mangione.


Due bussole per ritrovare Bologna...


Arrivai a Bologna nel 2005, come curatore della Galleria d'Arte Moderna, diretta da Gianfranco Maraniello.

Inaugurato nel 1975 accanto all'ingresso della Fiera – nell'ambito di una decennale riforma urbanistica ascritta al nome di Pier Luigi Cervellati che avrebbe fatto di Bologna una città idealmente equidistante fra le opposte utopie del capitalismo e del comunismo – l'edificio brutalista di Leone Pancaldi era la metafora architettonica di un programma al contempo politico, economico e sociale, che rinveniva nella cultura un fattore implicante di valori e azioni civili, in grado di articolare fra loro varie espressioni, dalla cultura di ricerca a quella popolare.

Eppure quando arrivai a Bologna... la GAM stava per trasferirsi e rinunciare a questa storia, in realtà mai del tutto compiuta. Due anni dopo, nel 2007, era infatti prevista l'apertura di una nuova sede all'Antico Forno del Pane e l'assunzione di una nuova denominazione, MAMbo: la galleria civica diventava museo, e il museo sarebbe tornato all'interno del più rassicurante "centro storico": i decenni della sperimentazione e dei confronti radicali erano finiti, il '68 e il '77 bolognesi avevano ceduto al riflusso che, dagli anni Ottanta, ci aveva resi tutti nuovamente borghesi. Le radio libere, del resto, già da tempo avevano lasciato il posto alle TV private...

Fu in quel momento che, con Gianfranco Maraniello, decidemmo che questa storia andava raccontata, che tutto ciò poteva essere non solo un trasloco di opere e libri dai depositi o di scrivanie e attrezzature informatiche dagli uffici. Oltre ai progetti che avremmo denominato MAMBo. Non Dance Lessons, invitammo Christopher Williams e Giovanni Anselmo a concepire, in questo contesto, due mostre personali retrospettive, e raccontare con noi questa storia... Due artisti che, in fondo, questa storia non la conoscevano ma che, a loro modo, resero invece universale. 

Williams trasformò la sua mostra alla GAM (2007) in una macchina del tempo che, riscoprendo in parte la conformazione originale dell'edificio, e persino alcuni elementi di display da anni non utilizzati, trasformò un'"ultima" mostra nell'evocazione di una "prima" mostra e sovvertii quindi le ragioni per "chiudere" un'istituzione in quelle per "aprirla". 

Anselmo, invece, utilizzò due bussole. Nella sua mostra alla GAM (2006) l'artista pose una bussola su un cumulo di terra collocato al centro del museo, da cui si irraggiavano nella stessa sala e nelle sale laterali altre opere storiche o realizzate negli ultimi anni. Un ambiente unitario che riscriveva e rileggeva liberamente l’intero museo come un lento, quasi inavvertibile bradisismo, una serie di lievi torsioni che operavano come uno spargimento di segni imprevisti all'interno dello spazio-tempo fisico e istituzionale dell'edificio. Composte da materiali organici e inorganici quali pietra, terra, metallo, acqua, lattuga o cotone, quelle opere non erano simboli ma catalizzatori di fenomeni che regolano la nostra esistenza e che, nondimeno, generalmente non avvertiamo... la gravità, l’energia, il rapporto fra particolare e universale, finito e infinito, il trascorrere del tempo storico e culturale e l’eternità delle leggi naturali, l'esperienza del reale e l'astrazione del pensiero. In questa logica di propagazione e inclusione l'ultima opera della mostra eccedeva la mostra stessa, non facendone parte ma in realtà contenendola integralmente in sé.

Una mattina, verso il termine dell'allestimento della mostra che avrebbe inaugurato di lì a poco alla GAM, accompagnammo l'artista al Forno del Pane, dove il MAMbo avrebbe inaugurato solo l'anno dopo: nell'edificio non ancora aperto al pubblico si stavano svolgendo i lavori del cantiere di costruzione. Con l'aiuto di alcuni operai, l'artista depose una bussola nell'incavo di una lastra di pietra posta all'ingresso del futuro museo. Forse non si trattò neanche di un'opera ma... di un dato di fatto, di un atto di conoscenza e di rappresentazione, o anche solo di un auspicio e di un benvenuto in attesa di essere accolti. E per un po' di tempo (la durata della sua mostra a Bologna) la bussola ancora al centro della vecchia galleria e quella già all'ingresso del nuovo museo operarono silenziosamente insieme, entrambe segnando la stessa direzione, entrambe indirizzando i due aghi magnetici verso lo stesso nord.

Sono tornato a Bologna in diverse occasioni in questi anni – negli ultimi tempi sopratutto in occasione di incontri con il team di "do ut do", che sta per inaugurare la sua nuova mostra alla Palestra Grande di Pompei. E tutte le volte che torno al MAMbo, varcando l'ingresso il mio sguardo si rivolge verso quel piccolo segnale che mi da il benvenuto che il mio sguardo, grato, ricambia.

Grato, di essere tornato a Bologna.

Grato di essere al museo e, nel rapporto fra micro e macrocosmo indicato dalla bussole di Anselmo, grato di essere al mondo...
 

Giovanni Anselmo
Direzione, 2006
Ago magnetico, vetro, pietra
Provenienza: intervento site-specific realizzato in occasione della mostra Giovanni Anselmo, a cura di Gianfranco Maraniello e Andrea Viliani, Galleria d'Arte Moderna di Bologna, 26 maggio - 27 agosto 2006.
Foto Ela Bialkowska