OSSERVATORIO ARTE FIERA

Gianluca Ranzi
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Gianluca Ranzi si è occupato principalmente di Fluxus, Mono-Ha, Happening e Gutai e curato mostre e progetti per artisti tra cui Yoko Ono, Cèsar, Daniel Spoerri, Carsten Nicolai, Gordon Matta-Clark, Danh Vo, Lee Ufan. Ha collaborato, tra le altre istituzioni, con la Biennale di Venezia, il Festival dei Due Mondi di Spoleto, l’Osaka Museum e il Toyota Museum of Art.
Per Arte Fiera 2019 è stato membro della giuria del Premio Mediolanum per la Pittura, assegnato all’artista Nazarena Poli Maramotti, rappresentata dalla galleria A+B Gallery.


Bologna ieri e oggi: Fluxus e Daniela Comani

Ieri. Ne parlavamo con Ben Vautier qualche mese fa, di quei giorni a Bologna nel giugno del 1978, quando la GAM ospitò la Fluxus-tribù, a cura di Achille Bonito Oliva, in Metafisica del quotidiano, la mostra-evento voluta dall’allora direttore Franco Solmi. George Maciunas era morto il mese prima e l’occasione divenne un tributo al Flux Pope, che aveva battezzato Fluxus nel 1960: alla GAM una grande scrivania presidenziale con sopra appoggiata una bombetta recava la laconica scritta “Il Boss è uscito”.

Oggi. Di fronte al lavoro di Daniela Comani, artista bolognese residente a Berlino, ad esempio il work in progress A Happy Marriage (dal 2003), ripenso a quella mostra epocale e soprattutto alla performance del febbraio 1978 in cui George Maciunas e la neo-sposa Billie Hutching vestono entrambi in abito bianco e velo, nel surreale Flux Wedding celebrato da Geoffrey Hendricks in cui sposi, testimoni e damigelle non si scambiano solo promesse e anelli, ma ruoli, identità e vestiti. Daniela Comani condivide con Fluxus uno sguardo curvo e aggirante sul quotidiano, che riesce, anche attraverso l’ironia, a smontare il dogmatismo delle posizioni e a demistificare alcuni luoghi comuni del controllo sociale (My Film History, 2014, Novità Editoriali a Cura di Daniela Comani, 2009, Perfect Day, 2017, oggetto di diverse mostre allo Studio G7 di Bologna). Il suo è un confronto serrato, quasi un corpo a corpo, con la storia, la cultura, il linguaggio e l’identità, attraverso l’esibizione delle differenze e di una condizione fluida dell’identità, vissuta attraverso il travestimento, lo scambio o la rottura dei codici linguistici. In definitiva la sua destrutturazione della comunicazione è anche un attacco all’autonomia dell’immagine, perché modificandola la falsifica, la relaziona alla storia e così facendo la relativizza. Ne nasce la proposta attiva di un soggetto finalmente multiplo e mobile, “parziale e ironico, intimo e perverso” (Donna Haraway).

Per Fluxus e Daniela Comani, mutatis mutandis in terra bolognese, è una questione di disorientamento, di intrecci, di nubi di intermittenze, di coscienza e liberazione dai modelli prefissati e dai ruoli indotti. Buona vita!

Daniela Comani, #56, 2009, dalla serie 'Un Matrimonio Felice', work in progress dal 2003, pigment print su photo rag 300gr., cm. 50x60 cad.