OSSERVATORIO ARTE FIERA

Massimo Mezzetti
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Massimo Mezzetti, 57 anni, nato a Roma. Trent’anni fa si trasferisce a Modena e oggi abita a Bologna.
Studi umanistici e teologici alle spalle, si è votato sin da giovane alla politica, quando la politica era vissuta in altro modo rispetto ad oggi. La sua passione è sempre stata nel campo della cultura e il suo impegno amministrativo, da diversi lustri, si è concentrato su questo. Dal 2010 è Assessore alla Cultura, Politiche giovanili e Politiche per la legalità della Regione Emilia-Romagna.


La Regione Emilia-Romagna è impegnata da anni, con una sua legge, a sostenere lo studio, la ricerca e la divulgazione del lavoro sulla “memoria” della storia del ‘900. Ma si può e si deve fare memoria anche con l’arte e tutte le sue espressioni per non dimenticare mai le ferite della storia, e Ustica è una di queste.

“Ricordare” deriva dal latino “re-cordor” ed è pertanto legato all’espressione “re-cor”, per cui ricordare significa ri-portare nel cuore, ricondurre nel cuore, sede privilegiata del ricordo. Ricordare, tuttavia, è anche “re-accordare”, vale a dire far vibrare le corde del cuore all’unisono, nello stesso modo in cui erano vibrate quando era stata vissuta l’esperienza ricordata.

Questo è il pensiero che mi accompagna mentre torno a visitare il Museo per la Memoria di Ustica, nato a Bologna nel 2007 per volontà dell’Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica presieduta da Daria Bonfietti. Da fuori non è facile intuirlo, ma incastonato tra il piccolo parco della Zucca dove giocano i bambini e gli edifici del Quartiere Navile, riluce un diamante.

Qui è collocata, potente nella sua essenziale semplicità, l’opera donata alla città da Christian Boltanski, uno dei grandi artisti dei nostri giorni che della memoria e delle ferite dei tempi si fa carico, nella convinzione che l’arte sia ancora testimonianza civile. C’è qualcosa di altamente morale in questa collocazione, che va incontro alla natura profonda, solidale e popolare, del Quartiere della Bolognina. E c’è qualcosa di vertiginoso nell’opera di Boltanski, che ci parla in una forma insieme politica e intima, richiamandoci al dovere della Memoria.

Nell’hangar-museo i resti del Dc 9 Itavia esploso, governati da una forza contraria a quella che li ha scagliati nel mare di Ustica, sono ricomposti in una carcassa fantasma a grandezza naturale. I pezzi mancanti sono molti, come i buchi della vicenda giudiziaria, che con forza parimenti ostinata e contraria l’Associazione chiede, giorno dopo giorno da quel 27 giugno 1980, vengano portati alla luce della verità.

81 lampade, 81 specchi neri in cui si riflettono le nostre immagini, 81 voci sussurrate da altrettanti altoparlanti, 81... 81… 81… tante furono le vittime della strage. Le lampade si accendono e spengono al ritmo di un respiro profondo, lento, come quello che conosciamo nell’addormentarci o in momenti di grande consapevolezza.

Inizia così l’emozionante racconto che l’artista francese ha creato e al quale vi invito ad abbandonarvi con cuore e cervello.
 

Museo per la Memoria di Ustica, Bologna