OSSERVATORIO ARTE FIERA

Paolo Giacomin
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Paolo Giacomin, giornalista, 53 anni. Direttore responsabile de Il Resto del Carlino dopo avere diretto anche Quotidiano Nazionale (Qn). Sposato con Sandra, padre di Caterina. Ha un gatto nero di nome Bagheera. Appassionato di Europa, rugby e arte contemporanea da quando aveva 14 anni.

L’arte contemporanea è un flusso nel quale ho passato una parte importante della mia adolescenza. In quel terribile e meraviglioso periodo della vita dove ti nutri di ciò che farà di te ciò che diventerai. Così è stato anche per me che, non essendo uno storico dell’arte, un critico, un esperto, continuo visitare musei, gallerie, spazi da rabdomante curioso. Il motivo è che mi trovo a casa.

Tutto è cominciato in un paese della provincia di Bologna, Castel San Pietro Terme, e all’amicizia con un critico scomparso troppo presto, ancora giovane, Mauro Manara. Gestiva, al tempo, la Saletta comunale d’esposizione e io, studente, passavo una buona parte dei miei pomeriggi a curiosare, poi a montare e smontare mostre, a tenere aperta la Saletta.

E’ lì che ho conosciuto, per esempio, un artista da non dimenticare, Germano Sartelli. Le opere fatte con le cicche e le ragnatele, o i tronchi d'albero dai quali, durante una personale, cominciarono a far sentire la loro voce i grilli. Indimenticabile. Mauro era un fiume in piena, solo dopo tanto tempo e vite diverse, mi sono reso davvero conto di come avesse portato in provincia opere e artisti che avrei rivisto in grandi città e altri musei.

In saletta sono passate la Pop art italiana, l’astratto e l’informale. Pier Achille Cuniberti, Vittorio Mascalchi, Vincenzo Satta, Maurizio Osti, Germano Sartelli e Anna Valeria Borsari. Si inventò Autoritratto di Galleria invitando le gallerie italiane ad esporre i loro artisti, e a Castello arrivarono tesori del contemporaneo portati da gallerie come La Polena o Fonte d’Abisso.

Tutto questo per dire che mi è impossibile legare un ricordo a un’opera o a un momento. Manara mi ha dato il consiglio più prezioso: vai alle mostre, guarda l’arte dal vivo. Non giudicare, non chiederti se ha senso, non pensare in termini di bello o brutto. Prendi quello che ti dà. Non ho mai smesso.

Continuano a darmi molto, per esempio, Emilio Isgrò, Michelangelo Pistoletto, Giuseppe Penone, Mario Merz, Jannis Kounellis, Gilberto Zorio, Joseph Beuys, Nam June Paik, Alberto Giacometti. Meglio fermarsi ed entrare alla prima occasione in qualche spazio dedicato all'arte contemporanea. Anche vuoti: in giro per il mondo, Italia compresa, ci sono spazi e musei che, da soli, valgono la visita per la forza dell'architettura.

Un posto da visitare? Troppi: la chiesa di Alvar Aalto a  Riola di Vergato, anche se non è un museo. I luoghi dell'arte a Bologna, il museo Pecci di Prato, Rivoli in Piemonte, Punta della Dogana a Venezia, l'Hangar Bicocca o la Triennale a Milano, la Fondazione Beyeler a Basilea o la Fondazione Maeght a Saint-Paul de Vence. L'Hamburger Banhof o la Neue Nationalgalerie a Berlino, l'art district 798 a Pechino.

Un lungo meraviglioso viaggio che non è, quasi mai, un andare per mostre. Semplicemente, se mi trovo in una città cerco musei e le gallerie, ed entro. Così come cerco un caffè espresso (sì, anche all’estero). Di tappa in tappa, a passione crescente, come in una serie di Fibonacci: 0, 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 35, ZEBRA!

Mario Merz (1925-2003),"Zebra (Fibonacci)", 1973